Un pò di storia


I Fenici (VIII secolo a.C.), fondarono la cittadina di “Ziz”, (fiore) che qualche secolo dopo prese il nome ellenico di "Panormos". Durante la dominazione greca in Sicilia, Palermo ebbe un ruolo marginale e compare nella storia quando, nel V Sec a.C., Dionisio, tiranno di Siracusa, assale la città che comunque resiste all’assedio.

Anche per i Romani e poi per i Bizantini [531 d.C.], fu solo la capitale di una provincia di scarsa importanza, mantenuta e difesa solo per il suo valore strategico al centro del Mediterraneo e per i tributi che era costretta a pagare.

Nell'831 d.C. la città fu conquistata dagli Arabi diventando il porto dell'oriente verso l'occidente ed ammantandosi di moschee. Questa data si può considerare l'avvio di una nuova era per Palermo che divenne una tra le più importanti città del mondo islamico. “Balharm” - come la città fu chiamata - moltiplicò i propri abitanti fino a raggiungere l'enorme cifra di 300.000 anime, tanto che la città vecchia si rivelò decisamente insufficiente ad accogliere tutti.
Al di là dei due fiumi Papireto e Kemonia, che fino ad allora avevano segnato i confini naturali dell'insediamento, sorsero in breve tempo palazzi privati ed edifici pubblici, terme e mercati, nonchè un'innumerevole quantità di moschee (secondo alcune fonti sarebbero stati circa 800 i minareti che svettavano sopra i tetti di Balharm).
Era una città splendida, considerata la Medina dell'Occidente, in nulla inferiore a Cordova o al Cairo, come si evince dalle pagine di un viaggiatore arabo del X secolo, Ibn Hawkal.
Questi ci dà notizia dei quartieri in cui Palermo era divisa: "Palermo si compone di cinque quartieri. Il primo è la città più grande, propriamente detta Balharm, cinta da un muro di pietra, abitata da mercanti. Un altro (Eletta) è cinto anch'essa da un muro di pietra, ma non come il primo così come ... il Cassaro ( il quartiere del Castello ed attraversato per tutta la sua lunghezza dall'omonima via) abitato dai nobili, dai ricchi mercanti ed era sede dell'amministrazione pubblica e delle pubbliche scuole e la Kalsa con il quartiere fortificato, sede dell'emiro, degli uffici governativi, delle truppe, dell'arsenale e delle carceri.. Senza difese erano invece i quartieri sud-orientali, a carattere mercantile, ed il quartiere degli Schiavoni, che prendeva il nome dai pirati, gli Schiavoni appunto, che lo abitavano. In quest'ultima parte della città avevano i loro fondachi anche i mercanti genovesi, amalfitani, pisani, veneziani ecc...".

Il 5 gennaio 1072, a 11 anni dall'inizio della loro campagna di conquista della Sicilia, i Normanni, guidati dal conte Ruggero e da Roberto il Guiscardo, sferrarono l'attacco decisivo per la presa di Palermo contro gli Arabi asserragliati nelle due cittadelle fortificate del Cassaro e della Kalsa.
Una volta sconfitti gli avversari, i Normanni tuttavia mostrarono grande magnanimità nei confronti dei vinti, affidando loro importanti dicasteri nell'ambito del nuovo apparato di governo e consentendo ai mercanti e agli artigiani musulmani di mantenere le proprie attività. L'esercito e la marina allo stesso modo facevano particolare affidamento su elementi saraceni e la corte era colma di consiglieri e dignitari arabi.
I Normanni fecero di Palermo la loro splendida capitale. Il nuovo regno, le cui fondamenta furono gettate dal conte Ruggero, era eterogeneo per razze e religioni, per lingue e costumi, e tuttavia saldamente unito.
Il giorno di Natale 1130 Ruggero Il d'Altavilia, figlio del gran conte, si incoronò re di Sicilia, Calabria e Puglia, dando l'avvio ad uno dei periodi più splendidi per la Sicilia ed a uno dei regni più magnifici dell'Europa del XII secolo.

Il nuovo re fece stabilire alla propria corte i più illustri intellettuali del suo tempo, geografi, matematici, filosofi e scienziati di ogni genere. Palermo era conosciuta dovunque per l'apparato di governo che suscitava invidia e ammirazione, per gli altissimi ingegni che vi vivevano, ma anche, e soprattutto, per la magnificenza della corte del re. Questi, dotato di un'indole orientale, amava il lusso e la bellezza, e si circondò di uno sfarzo che faceva impallidire ogni altra corte del tempo, Tesori, palazzi, parchi sono rimasti impressi nella mente di chiunque li abbia veduti ed entusiastiche descrizioni sono giunte fino a noi negli scritti dei numerosi viaggiatori e geografi che in quegli anni visitavano la Sicilia. Un regno assoluto ed accentrato come quello che gli Altavilla avevano creato, però, era necessariamente legato alla forza del monarca e, una volta morto Ruggero II, i suoi eredi non si rivelarono all'altezza del compito.

Pur sopravvivendogli di circa 40 anni, la monarchia andò sempre più indebolendosi e, alla morte di Guglielmo II, la sola legittima erede era Costanza d'Altavilia, figlia di Ruggero II, che Guglielmo aveva dato in sposa a Enrico VI di Hohenstaufen. Con il Matrimonio di Costanza D'Altavilla (figlia di Ruggero II) e Enrico VI di Svevia incomincia la dinastia Sveva. Enrico, infatti, scese in Sicilia, accampando diritti sul trono.
Eliminati tutti i possibili pretendenti dei rami collaterali della famiglia reale, con una crudeltà che suscitò lo sdegno di tutti, Enrico si incoronò re di Sicilia, dando inizio ad un regno dispotico e mal visto.
Nel 1197 l'imperatore tedesco venne a morte, e l'anno dopo lo seguì nella tomba la moglie Costanza, lasciando il figlio Federico, ancora fanciullo, alla tutela del Papa. Federico crebbe tra gli intrighi della corte palermitana, mal tollerato o addirittura odiato da alcuni, che lo vedevano come un usurpatore protetto e curato da altri, che riponevano in lui la speranza della rinascita della Sicilia.

Per 30 anni la Sicilia e Palermo, sua capitale, furono il "centro" del mondo. Federico, "stupor mundi", resta nella storia come uno dei sovrani più illuminati di ogni tempo. Perfetto continuatore della dinastia normanna, fu un genio politico e al tempo stesso un magnifico mecenate. Non arricchì Palermo di monumenti, ma ne elevò notevolmente il livello culturale, facendo convergere alla sua corte, memore dell'esempio del nonno materno, i maggiori ingegni dell'epoca in ogni campo. Tra le antiche mura del Palazzo dei Normanni nacque così - ad esempio - la prima scuola poetica nazionale (Siciliana). E non solo la poesia, ma anche le scienze fisiche e naturali ricevettero grande impulso, facendo della corte di Palermo una delle più progredite del suo tempo.

La morte di Federico diede inizio ad aspre lotte per la successione che, dopo alterne vicende, portarono sul trono Carlo d'Angiò, provocando un profondo mutamento non solo politico ma anche economico e sociale. Grande parte del territorio siciliano venne confiscato e dato in feudo a nobili francesi, i quali si limitavano a pretendere tributi dai propri sottomessi estenuando completamente l'Isola con il loro regime vessatorio.

Vessazioni, confische e oppressione provocarono miseria e malcontento, alienandosi i favori della nobiltà locale. I loro privilegi non furono riconosciuti a vantaggio dell’aristocrazia francese. Peraltro, i nuovi padroni, animanti da sentimenti di rancore per la Sicilia, non ne favorirono l’economia, negandole anche benefici concessi ad altre regioni dello Stato. Palermo, in particolare, aveva perso il rango di capitale a favore di Napoli, e ospitava quindi solo un vicario del re (che peraltro si insediò a Messina).

La naturale conseguenza di questa situazione fu la rivolta del Vespro, il 30 marzo 1282, lunedì di Pasqua, a lungo ordita ma esplosa repentinamente. Il casus belli fu l’oltraggio di un sergente francese a una giovane donna che si recava con altre persone alla chiesa di Santo Spirito. L’esercito, presente per controllare la folla, fu assalito dalla stessa. I francesi furono sterminati a migliaia in tutta l’Isola: si parla di tremila morti o forse del doppio, stando alle fonti dell’epoca.
La città proclamò l’autogoverno comunale. Si pensò di poter costituire uno Stato siciliano repubblicano e indipendente, formato da una confederazione di Comuni liberi, ma ben presto i dissensi interni, la reazione di Carlo d’Angiò e un disegno di cospirazione di alcuni esuli presso la corte di Barcellona portarono all’ascesa al potere in Sicilia di Pietro III d’Aragona, che mirava a espandere il proprio regno nel Mediterraneo e reclamava l’Isola per avere sposato Costanza di Svevia, figlia del re Manfredi. Pietro III entrò a Palermo il 4 settembre 1282 con l’esercito, incoronandosi re in cattedrale e ottenendo nel palazzo regio il giuramento dell’Assemblea parlamentare.

L’offerta della corona al sovrano aragonese ebbe il sapore di un’investitura popolare, con la quale finalmente i siciliani sembrarono determinare da chi volevano essere governati. Le lotte tra gli abitanti dell’Isola e gli angioini, però, continuarono per un altro ventennio. Nel 1296 Federico III ereditò il regno dal padre Pietro. Nel 1302 la Sicilia fu separata dall’Italia meridionale e fu affermata la sua autonomia. Gli Angioini non rinunciarono alla presa, però, e la guerra ricominciò dopo dieci anni e si protrasse per altri sessanta. Nel 1372 le sorti dell’interminabile conflitto sancirono il mantenimento della Sicilia da parte degli aragonesi. Questi operarono una serie di riforme amministrative all’interno di Palermo, formalmente capitale del regno. La città, inoltre, godette di numerosi privilegi, nonostante Federico amasse risiedere a Catania e a Messina. L’economia vedeva in artigiani e mercanti i suoi settori di traino. Molte di queste professionalità erano composte da immigrati.
La Sicilia entrò così a far parte del regno aragonese e, quando le case di Aragona e Castiglia si unificarono, di quello spagnolo.

La dominazione spagnola durò circa tre secoli, e fu per la Sicilia un periodo di relativa calma seppure di inesorabile declino. Per Palermo, tuttavia, da un punto di vista architettonico, questo è un momento di grande crescita.
La ricchezza si concentra nelle mani degli ecclesiastici: gli ordini religiosi accumulano immensi patrimoni ed il denaro viene utilizzato per arricchire ed abbellire chiese e conventi che diventano sempre più grandi e sontuosi. Le ricche famiglie dei baroni, peraltro, non sono da meno.
Ovunque si costruiscono nuovi palazzi festosamente decorati, specialmente dopo il 1600. Zona privilegiata è il nuovo asse viario voluto dal vicerè Maqueda e che da questi prende il nome. Il nuovo viale incrocia l'antico Cassaro - frattanto prolungato fino al mare - in una piccola elegante piazzetta, detta familiarmente "i quattro canti".
Il governo vice regio rafforza la cinta muraria ed il porto con il Castellammare. La municipalità acquista la splendida Fontana Pretoria, che ancor oggi fa bella mostra di sè davanti ai Municipio. Il popolino, però, poco condivideva di questo splendore, ammassato com'era in misere casupole e bassi alle spalle dei magnifici palazzi nobiliari.

Stanco di sopportare, trovava a volte la forza di ribellarsi, e scoppiavano così feroci tumulti, come quello scatenatosi nel 1647, sommosse che comunque finivano puntualmente con repressioni sanguinose. Duelli, esecuzioni sommarie e vendette erano all'ordine del giorno e si consumavano spesso - con la complicità del terribile Tribunale della Santa Inquisizione - ai danni della gente del popolo. Così ad essi non restava che affidarsi ad associazioni clandestine come quella dei Beati Paoli. Palermo era ormai del tutto isolata dal mondo nella sua splendida decadenza.

Nel 1713, con il trattato di Utrecht, l'Isola intera passò ai Savoia, i quali governarono la Sicilia per 7 anni, lasciando come unico ricordo la fastosa incoronazione di re Vittorio Amedeo. Nel 1718, sempre a causa di guerre di successione, l'isola passò agli Austriaci e subito dopo ai Borboni di Napoli. Carlo III di Borbone ne fece uno stato autonomo nell'ambito del suo regno, condiscendendo facilmente ai baroni che attraversarono così una vera e propria epoca d'oro. La nobiltà fece erigere splendide ville in campagna e ricchi palazzi di città: risalgono a questo periodo le magnifiche residenze della Piana dei Colli e di Bagheria.

Di particolare rilievo, in quegli anni, il periodo di governo del vicerè Caracciolo, il quale soppresse il Sant'Uffizio, avviò un censimento ed un catasto, promosse lo studio delle materie scientifiche, con l'istituzione, fra l'altro, dell'Orto Botanico di Palermo. L'attività del vicerè però fu interpretata come un attentato ai privilegi del baronaggio, che in quegli anni si vedeva sempre più minacciato dalle tendenze accentratrici della dinastia borbonica.

Nuove speranze di rinnovata libertà ed indipendenza si accesero a cavallo tra XVIII e XIX secolo, allorchè Ferdinando III, cacciato dalle armi francesi, dovette rifugiarsi a Palermo (dove in suo onore sorsero la Palazzina Cinese ed il Parco della Favorita) sotto la protezione degli inglesi. I siciliani chiesero al re una costituzione ed un nuovo parlamento e Ferdinando, da principio, si piegò alle loro richieste: la costituzione fu concessa nel 1812. Ma, tornato al sicuro a Napoli, il re, nel 1816, sciolse il parlamento siciliano e soppresse la costituzione. Con questo gesto Ferdinando III diede il definitivo impulso alla nascita di un desiderio che, in maniera strisciante, aveva percorso tutta la storia della Sicilia: l'indipendenza.

Aizzate dalla nobiltà, che si ergeva a paladina della libertà, le folle si sollevarono ripetutamente nel corso del XIX secolo. Ultimo atto dei tumulti fu l'entusiastica adesione dei "picciotti" siciliani alla spedizione dei Mille che si proponeva di annettere la Sicilia al nascente Regno d'Italia.
La convivenza dell'Isola con lo stato italiano non fu mai facile: molti erano i problemi e molte le illusioni di miracolosi risanamenti. Tuttavia, nonostante gli errori ed i malcontenti, la Sicilia iniziò un lento sviluppo: nacque una borghesia mercantile ed una prima attività industriale.

A cavallo tra '800 e il '900 Palermo vive la sua belle epoque, riprendendosi l'antico appellativo di "città felice".
E' anche il periodo della nascita dell'imprenditoria: significativa la presenza della potente famiglia Florio.

Attirati dal lusso un po' decadente e dallo sfarzo ostentato dalla nobiltà e dall'alta borghesia (specie dai Florio, nuova ambiziosissima famiglia, talmente potente che ad un certo punto Palermo fu detta "Floriopoli"), giungono a Palermo tanti grandi della terra: i reali italiani, greci, spagnoli, inglesi, i nuovi potenti come i Vanderbilt ed i Rotschild, ecc.

Nascono nuovi quartieri e nuovi palazzi prendono il posto di quelli vecchi. E' il caso, ad esempio, del Teatro Massimo Giuseppe Verdi, uno tra i più magnifici e vasti teatri europei, edificato secondo un progetto dell'architetto G. B. Basile sulle ceneri di un vasto quartiere barocco.

Palermo è oggi una città moderna, attiva, protesa a raggiungere gli standard delle più importanti città europee, pur non dimenticando le proprie radici mediterranee che si colgono, ad esempio, nei vicoli dei mercati cittadini, dove risuonano alte le grida dei venditori in un tripudio di colori che nulla ha da invidiare a quelli dei suk arabi.

Dal 1947 Palermo è sede del Governo e dell'Assemblea regioni, avendo ottenuto l'autonomia amministrativa dal governo centrale italiano. I membri dell'Assemblea si riuniscono nella Sala d'Ercole, all'interno di Palazzo dei Normanni, dove, sulla parete di fondo, due date, 1130 - 1947, ricordano la nascita del primo e dell'ultimo parlamento siciliano.

La speculazione edilizia, realizzata grazie alla connivenza tra amministratori e mafiosi, impoverisce il patrimonio monumentale della città. Le lotte più significative dell'età contemporanea sono state quelle contro la mafia e il banditismo di Salvatore Giuliano, che ebbe il suo regno nella zona di Montelepre vicino Palermo.

Nella lotta alla mafia sono stati colpiti uomini dello stato come Boris Giuliano, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e il presidente della Regione Siciliana Pier Santi Mattarella ma anche magistrati come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Gaetano Costa e Rocco Chinnici fino ad arrivare al sacerdote del quartiere Brancaccio, Don Pino Puglisi e Peppino Impastato, il giovane politico del vicino comune di Cinisi.

Oggi Palermo, che si affaccia sul "più bel promontorio del mondo", come lo definì Johann Wolfgang von Goethe, tra Monte Pellegrino e Capo Zafferano, lungo il pendio della Conca d'Oro, sfiora i 700 mila abitanti.

Lo stemma della città di Palermo è composto da un'aquila coronata imperiale in oro che afferra un cartiglio con la scritta S.P.Q.P. (Senatus PopulusQue Panormitanus), il tutto su fondo rosso. L'origine dello stemma non è certa, alcune fonti lo fanno risalire ad una concessione del 1154 di re Guglielmo I di Sicilia mentre altre all'epoca romana. Un altro simbolo della città è il "Genio di Palermo", antico nume tutelare del luogo.